·
info@studiolegalegulino.it
·
Lun - Ven 08:30-13:00 | 15:00-19:30
045 8034209

L’assegno divorzile: cos’è e quando spetta

L’assegno di divorzio è un contributo economico (periodico o una tantum) che viene posto a carico di uno dei due coniugi a favore dell’altro se questi non ha mezzi di sostentamento adeguati o non se li può procurare.

L’importo, rivalutabile annualmente secondo i dati ISTAT, è determinato dal Giudice con la sentenza di divorzio in applicazione dell’art 5 della legge 898/1970 (Legge sul divorzio).

L'assegno divorzile

Quale dei due coniugi ha diritto all’assegno di divorzio e come si quantifica

Il diritto di uno dei coniugi ad avere un assegno divorzile sussiste in presenza di alcune circostanze che devono essere adeguatamente verificate caso per caso:

  • Accertamento delle condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi. Da eseguirsi mettendo a confronto:
  • redditi di qualsiasi specie percepiti
  • il possesso di beni immobili e mobili
  • la disponibilità di una casa di abitazione;
  • La verifica se il coniuge che chiede l’assegno abbia o meno mezzi “adeguati” di sostentamento e/o se sia impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive.
  • L’accertamento delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale;
  • la verifica del contributo umano ed economico dato nella costruzione del patrimonio di ciascuno e comune.
  • l’entità del contributo apportato al nucleo familiare e al patrimonio da parte chi richiede l’assegno;
  • la correlazione tra il sacrificio delle proprie aspettative professionali ed il contributo dato per la cura della famiglia (Cassazione, ordinanza 1786 del 28 gennaio 2021);
  • le condizioni personali del richiedente(età, stato di salute, capacità lavorativa etc..) in modo da poter compiere una prognosi futura;
  • la durata del vincolo matrimoniale e l’analisi dei comportamenti dei coniugi che hanno provocato la fine del rapporto. Circa il requisito della “durata del matrimonio” previsto dall’art. 5 co. 6 Legge Divorzio quale elemento per parametrare l’eventuale assegno, recentemente la Corte di Cassazione (ordinanza n. 30671/2022) ha sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite al fine di stabilire se, nella quantificazione dell’assegno, debba prendersi a riferimento non già la sola “durata legale” dell’unione (come testualmente previsto dalla norma) ma anche il periodo di convivenza “di fatto” pre-matrimoniale. Questo perché -afferma la Suprema Corte- la convivenza di fatto rappresenta un fenomeno sociale sempre più radicato e diffuso, e la cui dignità è sempre più parificata a quella dell’unione matrimoniale, sicché risulterebbe non coerente il persistere della distinzione tra le due forme affettive ai fini della quantificazione dell’eventuale assegno divorzile.

Fatte queste necessarie verifiche, l’importo del contributo dell’assegno divorzile potrà essere quantificato tenendo conto delle tre funzioni dell’assegno divorzile:

  • assistenziale
  • compensativa
  • perequativa

Il tutto per permettere al soggetto che lo riceve di mantenere l’autosufficienza economica alla luce del contributo dato nel corso del matrimonio per la realizzazione della vita familiare a fronte dell’eventuale sacrificio delle aspettative professionali.

In altri termini, l’entità dell’assegno va calcolata in proporzione alle sostanze ed ai redditi dei coniugi, tenendo conto della durata del matrimonio e del tributo personale ed economico da loro dato alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di entrambi.

Quando si perde diritto a ricevere l’assegno divorzile?

Al verificarsi di determinate ipotesi l’assegno divorzile periodico non deve essere più corrisposto all’ex coniuge:

  • In caso di nuovo matrimonio da parte del coniuge meno abbiente (cfr. art. 5 penultimo comma della legge 898/1970) o di inizio da parte di quest’ultimo di una convivenza stabile more uxorio;
  • Se il coniuge che deve corrispondere l’assegno perde la fonte delle sue entrate. Circostanza, ad esempio, che si verifica se il coniuge obbligato viene licenziato non per sua colpa;
  • La morte del coniuge beneficiario e/o la morte del coniuge obbligato.  In quest’ultimo caso se il coniuge rimasto in vita versa in un comprovato stato di bisogno può essere posto a carico dell’eredità un assegno alimentare (cfr. art. 9 bis della legge n. 898/1970);
  • Se il coniuge beneficiario inizia a percepire adeguati redditi e/o rifiuta senza ragione una proposta di lavoro retribuita in maniera adeguata

Fattispecie residuali sono quelle se il coniuge obbligato ottiene una sentenza di invalidità del matrimonio secondo la legge italiana e/o secondo il diritto canonico.

L’assegno divorzile “una tantum”

I coniugi possono decidere di optare per la corresponsione in un’unica soluzione dell’assegno divorzile, evitando così il pagamento di somme periodiche.

Detta facoltà è prevista dall’art. 5, comma 8 della legge 898 del 1970 ed è consentita solo se il Tribunale ne valuta l’equità.

Optando per questa soluzione il coniuge che ottiene la liquidazione della somma in un’unica soluzione, deve essere consapevole che avrà preclusa:

  • la possibilità futura di proporre qualunque domanda di contenuto economico;
  • il diritto al riconoscimento della pensione di reversibilità. Difatti, uno dei presupposti della pensione di reversibilità è la titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile al momento della morte dell’ex coniuge” (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 24/09/2018, n. 22434)

Cosa succede se il coniuge obbligato non paga l’assegno periodico

La legge prevede un rimedio nei confronti del coniuge che ritardi e/o non paghi l’assegno di divorzio periodico.

L’art. 8 della legge n. 898/1970 dispone che:

  • se v’è il fondato rischio che il coniuge si sottragga dall’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile periodico, il Giudice può imporre all’obbligato di prestare un’idonea garanzia reale o personale;
  • in caso di ritardo che si protragga oltre 30 giorni, previa messa in mora, si può notificare il titolo da cui discende l’obbligo di erogazione dell’assegno a terze parti a loro volte obbligate nei confronti dell’ex coniuge obbligato a corresponsioni periodiche di somme di denaro (ad esempio: datore di lavoro, INPS, conduttori di immobili di proprietà del coniuge inadempiente.

L’interpretazione maggioritaria, invece, esclude l’applicabilità dell’art. 570 del codice penale per quanto riguarda l’assegno divorzile. Difatti, con la cessazione degli effetti del matrimonio terminano gli obblighi di assistenza familiare.

L’assegno divorzile è modificabile nel tempo?

Al mutare delle condizioni economiche delle parti, l’assegno divorzile periodico può essere sempre modificato.

L’art. 9 della legge n. 898/1970 prevede che, su istanza di parte, l’assegno divorzile possa essere modificato ogni qual volta le condizioni economiche di un coniuge siano migliorate o peggiorate rispetto all’ultimo provvedimento che dispone al riguardo.  

In caso di peggioramento questo non deve dipendere da colpa del coniuge. Pertanto, il coniuge che si licenzia per sottrarsi all’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile non potrà chiedere alcuna modifica.

Diversamente, se un coniuge rimane vittima di un grave sinistro stradale e non riesce più ad andare a lavorare a causa delle lesioni riportate avrà diritto alla riduzione dell’assegno.

Revisione e determinazione dell’assegno divorzile mediante accesso ai dati reddituali e patrimoniali del coniuge

Nel caso in cui sorgessero dubbi circa l’effettiva entità del patrimonio o la situazione reddituale dell’altro coniuge, il soggetto interessato ha facoltà di chiedere copia dei documenti reddituali, fiscali e patrimoniali inseriti nelle banche dati dell’Anagrafe tributaria.

Siamo in presenza di una svolta epocale che permette di dare una tutela concreta a tutte quelle posizioni soggettive, che potenzialmente potrebbero essere lese sopperendo anche all’inerzia ed alle lungaggini processuali, mediante l’utilizzo della l. n. 241/1990 (sulla trasparenza amministrativa).

In pratica secondo quanto statuito dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr.  sentenza n. 19 del 25 settembre 2020) il privato può acquisire i dati patrimoniali dell’altro coniuge allo scopo di tutelare i diritti fondamentali dei familiari e dei figli minori.

L’aiuto del difensore nella compilazione dei moduli sarà fondamentale specie nel pieno rispetto dei termini processuali anche al fine di evitare decadenze e prescrizioni di sorta.

 Il riconoscimento di tale diritto è altresì importante in un’ottica processuale.

Difatti, il Giudice della separazione o del divorzio ha facoltà di richiedere l’accesso ai dati della Pubblica amministrazione ex art. 210 c.p.c. laddove ritenga che uno o entrambi i coniugi stiano occultando parte dei loro redditi.

Nella pratica, però, succede che tale facoltà o non venga esercitata o venga esercitata in ritardo con la conseguenza – certamente non voluta – di mettere in seria difficoltà economica uno dei coniugi.

Differenze tra assegno di mantenimento ed assegno di divorzio

I presupposti e le finalità che regolano l’assegno di divorzio e l’assegno di mantenimento sono diversi.

L’assegno di mantenimento è riconosciuto ai sensi dell’art. 156 c.c. all’interno del procedimento di separazione.

Di norma viene assegnato al coniuge più debole in misura tale da consentirgli di conservare lo stesso tenore di vita che aveva in costanza di matrimonio. Così facendo si terranno in vita anche durante il periodo di separazione gli obblighi patrimoniali ed assistenziali legati allo status di coniuge.

In sede di divorzio, invece, il tenore di vita condotto in costanza di matrimonio non è più elemento su cui si basa la decisione di riconoscere l’assegno divorzile (cfr Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 27/10/2020, n. 23482).

Diversamente, assume importanza il principio di solidarietà post-coniugale (Sezioni Unite Cassazione n. 18287 11.7.2018) improntato sulla base degli art. 2 e 29 della Costituzione

Tale principio si concretizza nelle funzioni assistenziale, perequativa e compensativa, ciò alla luce dei principi di autodeterminazione e di responsabilità che stanno alla base della scelta matrimoniale e dell’impostazione e conduzione della vita durante il matrimonio. Lo scopo, quindi, è determinare una definizione dei ruoli tra i coniugi ed il contributo di ciascuno alla realizzazione della vita familiare.

Fatte queste necessarie premesse, l’importo del contributo dell’assegno divorzile potrà essere quantificato al fine di mantenere uno stile ed un tenore di vita dignitoso.

In questa maniera il coniuge debole avrà un’autosufficienza economica reddituale concreta adeguata in base al contributo dato nel corso del matrimonio per la realizzazione della vita familiare, tenendo conto anche del sacrificio delle aspettative professionali ed alla formazione del patrimonio di entrambi.

L’assegno di mantenimento dà diritto all’assegno divorzile?

Il Legislatore disciplina in maniera autonoma l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.

Ciò significa che un assegno non esclude l’altro ma che la valutazione dovrà essere fatta caso per caso dal Giudice che si occupa rispettivamente di separazione e divorzio.

Capita, infatti, di frequente che al soggetto che aveva diritto ad un assegno di mantenimento venga negato l’assegno divorzile ad esempio per le mutate condizioni reddituali dei coniugi o semplicemente per la mancanza dei requisiti indicati dalla più recente giurisprudenza e meglio enucleati nel primo paragrafo.

Viceversa, può essere che il soggetto che non abbia chiesto o ottenuto l’assegno di mantenimento possa ottenere l’assegno divorzile non essendo vincolato il Giudice del divorzio a quanto statuito nella sentenza del Giudice della separazione.

Rimani sempre aggiornato

La nostra newsletter mensile comprende aggiornamenti in ambito legale e consigli utili per tutti i nostri iscritti



    2 Responses