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In Italia ci sono oltre quattro milioni e mezzo di imprese, spesso di dimensioni medio-piccole, che ruotano attorno alla figura dell’imprenditore e alla sua famiglia. In questo contesto dinamico, il passaggio generazionale emerge come momento cruciale per la continuità delle PMI.

I dati parlano chiaro:

  • solo un’azienda su tre riesce a passare di mano da padre in figlio;
  • l’87% delle imprese non sopravvive alla seconda generazione,
  • gli imprenditori spesso non affrontano o non pianificano il momento del passaggio generazionale, continuando ad occuparsi personalmente della gestione dell’azienda fino alla fine.

Questo articolo si propone di analizzare dettagliatamente lo strumento del Patto di Famiglia concepito per anticipare tale transizione, mirando a preservare l’operatività aziendale. Esploreremo i punti di forza, i costi ed i benefici di detto strumento con una visione critica di raffronto con l’istituto del Trust.   

passaggio generazionale azienda

Cos’è il Patto di famiglia

Il Patto di famiglia, introdotto con la Legge n. 55 del 14 febbraio 2006, è un istituto giuridico che dà la possibilità di derogare al divieto generale di “patti successori” ossia alla regola secondo cui non producono alcun effetto gli accordi che si riferiscono ai beni di una successione non ancora aperta.

In cosa consiste il patto di famiglia? Questo strumento legale, disciplinato dall’articolo 768 bis c.c., si manifesta come un contratto inter vivos che consente:

  • agli imprenditori di cedere l’azienda
  • ai titolari di partecipazioni societarie di trasferire le proprie quote

 ad uno o più discendenti.

Il potenziale del Patto di famiglia si rivela nel trasferimento immediato dell’impresa familiare facilitando la transizione generazionale prevenendo dispute ereditarie tra i soggetti legittimari.

Attraverso il patto di famiglia, una porzione dei beni destinati alla successione viene, quindi, esclusa dalla devoluzione ereditaria, con la condizione essenziale che i soggetti legittimari vi prestino il consenso.

Quali sono i vantaggi del patto di famiglia? Il punto di forza principale è quello di poter anticipare il trasferimento di azienda o quote sociali ai discendenti considerati più idonei nel proseguo della gestione aziendale evitando, nel contempo, potenziali contese ereditarie.

Il patto di famiglia deve essere sottoscritto mediante atto pubblico, (art. 768 ter c.c.).

Questa formalità solenne, che richiede l’intervento di un notaio, rappresenta un requisito inderogabile a garanzia della consapevolezza dei partecipanti sulle implicazioni contrattuali ed assicurando un controllo imparziale a tutela dei terzi interessati al trasferimento di azienda o quote societarie.

In altri termini, il patto di famiglia, se utilizzato correttamente, garantisce una corretta pianificazione successoria delle imprese familiari durante il delicato passaggio generazionale a vantaggio della continuità aziendale.

I soggetti del Patto di famiglia

Al patto di famiglia devono necessariamente partecipare i seguenti soggetti, ciascuno con un ruolo ben definito.

La figura centrale è quella dell’imprenditore (ossia il proprietario effettivo dell’azienda o il titolare delle partecipazioni societarie) da intendersi in senso ampio, includendo anche chi detiene l’azienda o le partecipazioni senza essere un imprenditore nel senso tecnico-giuridico.

Seconda figura essenziale sono i “discendenti assegnatari” (figli e/o nipoti dell’imprenditore). A tal riguardo, la legge è chiara nel limitare questa possibilità ai soli discendenti, escludendo coniuge o fratelli dell’imprenditore come assegnatari diretti.

Da ultimo partecipano al patto anche i “legittimari“, cioè coloro che avrebbero diritto a una quota di eredità se la successione si aprisse al momento della stipulazione del patto. Questi includono il coniuge, i figli (legittimi e naturali) non assegnatari, figli legittimati o adottivi e, in loro assenza, i loro discendenti (art. 768 quater c.c.)

Ex lege, anche il partner dell’unione civile è considerato come un coniuge ai fini del patto di famiglia e, pertanto, dovrà necessariamente partecipare alla stipula dell’atto.

Altre particolarità, invece riguardano i legittimari minorenni e/o incapaci. Nel silenzio della legge relativamente al caso specifico si applicano alcuni criteri di portata generale:

  • il patto di famiglia ha un’importanza economica tale da essere inquadrato tra quelli di straordinaria amministrazione per cui serva l’autorizzazione del Giudice Tutelare
  • se tra il soggetto minore/incapace e l’esercente della responsabilità genitoriale/tutore può esservi un conflitto di interessi il Giudice Tutelare dovrà provvedere alla nomina di un curatore speciale

Cosa succede, invece, se alcuni legittimari non hanno partecipato al patto di famiglia?

A tutela dei soggetti legittimari, come ad esempio i figli nati fuori dal matrimonio, che non hanno partecipato alla sottoscrizione del patto di famiglia, è data facoltà dall’art. 768 sexies c.c. di ottenere il pagamento di quanto dovuto maggiorato degli interessi legali al momento dell’apertura della successione.

La liquidazione della quota ai legittimari

Il comma II° dell’art. 768 quater prevede che gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie debbano liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 c.c. e ss.

Tale statuizione merita un doveroso approfondimento. Sovente, infatti, ci capita rispondere alle seguenti domande fermo restando che i beni assegnati agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda devono essere imputati alle quote di legittima loro spettanti:

L’assegnazione dei beni ai legittimari può essere anche successiva alla stipula del Patto di famiglia?

La risposta è positiva. Se le attribuzioni ai legittimari avvengono al di fuori dell’originario patto di famiglia l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo, purché vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti

Come avviene la liquidazione ai legittimari?

La base di partenza è quella del valore attribuito all’azienda nel Patto di famiglia su cui calcolare la quota riservata al legittimario sul patrimonio ereditario.

Un esempio può aiutare a comprendere: se l’azienda vale 600.000 euro e la famiglia è composta dall’imprenditore, il coniuge ed un figlio assegnatario delle quote. Costui potrebbe liquidare la madre attraverso la somma di € 200.000 euro, corrispondenti ad una quota di 1/3 del patrimonio ereditario riservata ex lege al coniuge.

È possibile un pagamento dilazionato e/o in beni che non siano denaro?

La risposta è affermativa ad entrambi i quesiti. Difatti è sufficiente trovare un accordo su modalità (anche beni immobili ad esempio), termini, importi ed eventuali garanzie di adempimento e tutto è possibile.

Addirittura, se il figlio assegnatario non ha liquidità è ammesso che l’imprenditore stesso possa liquidare direttamente i discendenti non assegnatari.

Il discendente legittimario può rinunciare alla propria quota?

Sì, il coniuge e/o il discendente non assegnatario dei beni d’impresa può rinunciare in toto o parzialmente alla propria quota realizzando di fatto una liberalità indiretta nei confronti del discendente assegnatario.

Oggetto del Patto di famiglia

Come si è detto poc’anzi, il Patto di Famiglia può avere ad oggetto il trasferimento delle partecipazioni sociali o dell’azienda o parte di essa, ad esempio di un ramo di azienda.

Quel che occorre è trasferire un insieme di beni idoneo a sostenere l’attività imprenditoriale che ben può comprendere elementi materiali – come terreni e immobili- che beni immateriali (quali ditta, insegna, marchi, brevetti e crediti).

Fondamentale è garantire che il discendente assegnatario acquisisca il potere di controllo e direzione dell’impresa.

Come viene determinato il valore dei beni assegnati con il Patto di Famiglia?

La determinazione del valore di tali beni è un passo cruciale e si raccomanda una valutazione approfondita, spesso affidata a commercialisti. La redazione di una perizia allegata all’atto notarile è consigliata, ancorando così il valore dell’azienda o delle partecipazioni al momento del Patto di Famiglia, fornendo un solido punto di riferimento per tutte le parti coinvolte.

Scioglimento del Patto di famiglia

Secondo l’articolo 768-septies c.c., il patto di famiglia può essere sciolto o modificato con la partecipazione delle stesse persone che lo hanno originariamente stipulato.

La norma disciplina due modalità di scioglimento:

  • la prima prevede la stipulazione di un nuovo contratto, conforme alle disposizioni dell’articolo 768 bis e seguenti, consentendo così una modifica consensuale delle clausole attraverso il mutuo dissenso ex art. 1372 c.c.;
  • la seconda consiste nel recesso unilaterale, possibile solo se espressamente previsto nel contratto e dichiarato attraverso un atto pubblico, con certificazione notarile secondo l’art. 1373 c.c.

Da ultimo, l’art. 768 octies c.c. prevede che la risoluzione delle controversie che dovessero sorgere conseguentemente alla stipula del patto di famiglia sia sottoposta alla mediazione obbligatoria a pena di improcedibilità della domanda giudiziale

Impugnazione del Patto di famiglia

L’articolo 768-quinquies c.c. prevede che il Patto di famiglia possa essere impugnato entro un anno per:

  • Dolo: Qualora emerga che una delle parti abbia agito in malafede o con inganno, l’annullamento può essere richiesto
  • Errore di diritto o di fatto: L’errore sulla natura e sugli effetti del contratto (errore di diritto) o sull’oggetto del contratto (errore di fatto).
  • Violenza: Nel caso in cui la violenza abbia influenzato il consenso delle parti

Tale termine di prescrizione breve – volto sicuramente a garantire una certa stabilità al contratto – inizia a decorrere dal momento in cui si è venuti a conoscenza dell’errore, del dolo o dalla cessazione della violenza.

Il Patto di Famiglia può altresì essere nullo se non è rispettata la forma solenne dell’atto pubblico oppure in tutti gli altri casi in cui opera la disciplina generale sull’invalidità del contratto

Profili fiscali del Patto di famiglia

La corretta applicazione del patto di famiglia richiede una comprensione approfondita dei profili fiscali ad esso associati.

In particolar modo bisognerà capire se l’attribuzione delle quote ai discendenti sarà assoggettata all’imposta sulle successioni/donazioni, se i legittimari non assegnatari sono assoggettati ad imposte o cosa accade in caso di scioglimento del patto di famiglia.

Per quanto concerne il primo aspetto, la legislazione ha introdotto un’importante esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per i trasferimenti di aziende, quote sociali e azioni a favore dei discendenti, incluso il coniuge, estendendo tale agevolazione anche ai trasferimenti effettuati mediante l’utilizzo dei patti di famiglia.

È doveroso, tuttavia, distinguere attentamente tra società di persone (come Snc, Sas e società semplici) e società di capitali (come le S.r.l.s., S.r.l. e S.p.A.).

Nel caso di aziende o quote sociali di società di persone, l’esenzione si applica senza la necessità di acquisire il controllo della società. Invece, per azioni o quote di società di capitali, l’esenzione è vincolata alle partecipazioni che consentono di ottenere il controllo attraverso la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria.

È, inoltre, essenziale che il beneficiario si impegni a gestire l’azienda o a mantenere il controllo per almeno cinque anni. In caso contrario, si applicano le imposte ordinarie.

Per quanto concerne la liquidazione a favore dei legittimari non assegnatari, la normativa risulta complessa: le imposte sulla donazione si applicano solo se ricevono la liquidazione, mentre l’imposta di registro si applica nel caso di ricezione di denaro o beni dal beneficiario.

La rinuncia alla liquidazione è soggetta a un’imposta di registro fissa.

In presenza di beni immobili, si applicano le imposte catastali ed ipotecarie.

Da ultimo, lo scioglimento del patto di famiglia può comportare tassazioni aggiuntive, soprattutto nel caso di ritrasferimento di azienda o quote sociali. In tale circostanza, potrebbe applicarsi l’imposta di registro per la risoluzione del contratto. Tuttavia, l’esenzione fiscale potrebbe non trovare applicazione se il ritrasferimento avviene nel quinquennio senza la continuazione dell’attività da parte del disponente. Comprendere a fondo questi aspetti fiscali è cruciale per una pianificazione successoria efficace, evitando così tassazioni eccessive.

Patto di famiglia vs Trust

Il Patto di famiglia non è l’unico strumento che permette di effettuare il passaggio generazionale per le imprese. Difatti, anche il Trust permette di conseguire scopi analoghi in una maniera per alcuni versi più flessibile.

Per meglio comprendere la tematica, non ci resta che elencare le maggiori differenze ed i pro e i contro di entrambi gli istituti giuridici:

Patto di Famiglia:

Vantaggi:

  • Trasferimento senza corrispettivo dell’azienda o partecipazioni societarie ai discendenti.
  • Protezione dalle azioni di riduzione e dalla collazione.
  • Assegnazioni e liquidazioni non aggredibili legalmente dopo la stipula.

Svantaggi:

  • Partecipazione obbligatoria di tutti i legittimari, salvo liquidazione tardiva ex art. 768 sexies c.c.
  • Il discendente assegnatario deve liquidare i legittimari a meno di loro rinuncia totale/parziale
  • Limitato ai discendenti in linea retta, escludendo altri parenti o affini.
  • Non regola aspetti di leadership e governance aziendale.

Trust:

Vantaggi:

  • Permette di mantenere efficiente la gestione aziendale.
  • Regola la gestione e i diritti delle partecipazioni societarie.
  • Assicura unitarietà al patrimonio familiare.
  • Permette di segregare i beni in trust, proteggendoli da vicende personali del trustee.
  • Flessibilità nel designare beneficiari, anche tra i non discendenti.

Svantaggi:

  • Atto unilaterale del disponente, ergo viene meno la volontà comune di tutti i partecipanti al patto di famiglia;
  • Beneficiari finali non coincidono con il titolare dei beni.
  • Il trustee ha il controllo, limitando la gestione del beneficiario.
  • Maggiore complessità rispetto al patto di famiglia.

In sintesi, l’obiettivo unico di entrambi gli istituti è pianificare il passaggio generazionale con attenzione per evitare conflitti interni che possano compromettere l’operatività aziendale. Non esiste uno strumento migliore dell’altro, ma piuttosto uno strumento che si adatta meglio alle esigenze di ciascun imprenditore e della propria azienda. Per capire, quindi, a quale strumento affidarsi, il consiglio è quello di coinvolgere professionisti specializzati nel preservare il valore dell’azienda nel tempo.

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