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Esercizio arbitrario delle proprie ragioni e estorsione

Quante volte sentiamo persone dire di non avere più fiducia nella giustizia soprattutto per la lungaggine dei processi o per l’esito “ingiusto” degli stessi, tanto da valutare l’ipotesi di farsi giustizia da sé ricorrendo alle “maniere forti”.

A prescindere dalla ragione, è doveroso rivolgersi all’Autorità giudiziaria per risolvere una controversia: la giustizia “fai da te” è pericolosa ma soprattutto è un reato.

Il farsi giustizia da sé, infatti, può portare a delle gravi conseguenze facilmente evitabili rivolgendosi ad un legale che saprà consigliarvi e fare valere le vostre pretese nelle competenti sedi giudiziarie.

Viceversa il rischio è quello di venire accusati di estorsione o di aver esercitato in modo arbitrario le proprie ragioni.

Differenza tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni e estorsione

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni

L’esercizio arbitrario delle proprie ragioni è disciplinato da due distinti articoli che ne differenziano la condotta posta in essere che può essere esercitata:

Per entrambe le fattispecie criminose l’autore dell’illecito può essere:

  • chiunque sia titolare di un diritto
  • chi crede di esserlo

e pur potendo ricorrere al giudice, decide di farsi ragione da sé arbitrariamente.

Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite – che verrà approfondito nel seguito dell’articolo – può rispondere di questo reato anche la persona diversa che agisce per far valere una pretesa vantata da altri e nell’interesse del titolare della stessa a patto che la condotta posta in essere sia finalizzata a tutelare un diritto altrui.

Ad esempio casi tipici sono quello del custode o dell’amministratore o un coniuge che agiscono per far valere una pretesa di cui un altro soggetto è titolare.  

Altro elemento fondamentale per la commissione di questo reato è che vi sia un conflitto tra due parti, una delle quali vanti una pretesa che sebbene possa essere tutelata innanzi all’Autorità Giudiziaria, viene invece risolta arbitrariamente mediante violenza.

La violenza sulle cose

La violenza sulle cose, richiesta dall’art 392 c.p., consiste essenzialmente nel loro danneggiamento, distruzione o nel mutamento della loro destinazione.

È prevista poi una specifica condotta violenta disciplinata dal comma 3 dell’art 392 c.p. che ha per oggetto 2 beni specifici specificatamente indicati quali:

  • un programma informatico che può essere alterato, danneggiato, modificato, parzialmente o interamente cancellato
  • un sistema informatico o telematico il cui funzionamento può essere impedito o turbato

Tale reato viene punito con la sola pena della multa fino ad un massimo di 516 euro

Esempi classici di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose sono:

  • la demolizione parziale del muro di confine eretto dal vicino, nella convinzione che stia ledendo il diritto di proprietà;
  • nel caso di un contratto di locazione giunto al termine, nel momento in cui l’inquilino non lasci l’immobile, il proprietario sostituisca la serratura della porta di ingresso.

La violenza o minaccia alle persone

L’art 393 c.p. configura, invece, il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza o minaccia alle persone e la pena prevista è quella della reclusione fino ad un anno. Entrambe le condotte sia se esercitate con violenza sulle cose sia con violenza e minaccia alle persone sono sempre a querela di parte.

Se alla minaccia viene associata anche la violenza sulla cosa, viene aggiunta la multa fino ad euro 206.

Pena che aumenta ulteriormente se la minaccia o la violenza sono commesse con l’uso delle armi.

Per minaccia si intende qualsiasi tipo di condotta che incuta del timore e quanto alla violenza, è bene ricordare, non deve essere sproporzionata alla pretesa.

Con la precisazione che detto reato non va tuttavia confuso con la legittima difesa disciplinata dall’art. 52 del c.p. e già oggetto di approfondimento in altro articolo.

Un chiaro esempio di esercizio arbitrario con violenza sulle persone è quello dell’automobilista che usi violenza o minaccia nei confronti di un pedone che sta stazionando su un parcheggio nell’attesa del sopraggiungere di una vettura.

Il reato di estorsione

L’estorsione, a differenza dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, è un reato molto più grave.

Innanzitutto rientra tra i delitti contro il patrimonio ed è disciplinato dall’art 629 c.p.

È commesso da chi con violenza e minaccia costringe taluno a fare o omettere di fare qualcosa per procurare a sé un ingiusto profitto a scapito dell’altrui danno.

È un reato comune ossia può essere commesso da chiunque ma se il fatto estorsivo è commesso da un pubblico ufficiale, costui risponde del delitto di concussione (art 317 c.p.).

Anche in questa fattispecie, la violenza e la minaccia possono essere perpetrate nei confronti del titolare dell’interesse patrimoniale tutelato dalla norma ma anche su persona diversa (ad esempio nel caso di minacce fatte al figlio per costringere il padre a fare determinate azioni).

Si dice in diritto che questo è un reato a condotta vincolata, ovvero la condotta richiesta deve essere necessariamente quella della violenza e della minaccia diretta a creare uno stato di soggezione e costrizione psichica sulla vittima tali da ottenere un profitto (ingiusto) con l’altrui danno.

Per minaccia si intende la prospettazione di un male futuro che può avere per oggetto sia un bene patrimoniale sia non patrimoniale (per esempio, l’incolumità, la reputazione etc.) e può essere commessa sia direttamente sia mediante intermediari, per posta, al telefono.

L’esempio tipico del reato di estorsione è l’incendio ai negozi per ottenere “il pizzo” dai commercianti o il posteggiatore abusivo che pretenda un compenso per la custodia dell’auto.

Severe sono le pene per il reato di estorsione:

  • reclusione da 5 a 10 anni
  • multa da 1000 euro a 4000 euro.

La pena aumenta (da 7 a 20 anni di reclusione) se la condotta è commessa:

  • da persona che fa parte di un’associazione a delinquere di stampo mafioso
  • all’interno di una abitazione o all’interno di un mezzo di trasporto pubblico
  • nei confronti di persone che stiano usufruendo o abbiano appena usufruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici (bancomat)

Differenze tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione

Balza subito all’occhio come la prima grande differenza tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia sulle persone e quello di estorsione sia nel trattamento sanzionatorio tanto che solo per l’art 393 c.p. è possibile richiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova o una sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto di cui all’art 131bis c.p.

Ulteriore differenza si rinviene nella procedibilità che per l’art 392 e 393 c.p. è sempre a querela della persona offesa, mentre il reato di estorsione è procedibile d’ufficio. Meritano invece un approfondimento a parte l’analisi dell’autore e il fine della condotta posta in essere in queste due fattispecie criminose per l’individuazione delle quali è stato necessario, a causa di un contrasto giurisprudenziale, l’intervento della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n 29451 del 2020.

La sentenza 29451/20 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite

È bene sapere che le Sezioni Unite della Suprema Corte intervengono quando vi è un contrasto giurisprudenziale, ovvero quando su un determinato argomento siano state date interpretazioni diverse.

Nel caso specifico è stato chiesto alle Sezioni Unite di stabilire cosa distingue l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone dall’estorsione.

Prima di questa pronuncia vi era un orientamento secondo il quale il reato di cui all’art 393 c.p. e quello di cui all’art 629 c.p. si distinguevano per l’elemento psicologico: il primo richiedeva la convinzione di essere titolari di un diritto che si poteva esercitare davanti all’Autorità Giudiziaria, il secondo invece persegue un profitto nella piena consapevolezza di non averne diritto.

Inoltre quanto all’autore del fatto, questo primo orientamento riteneva che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni potesse essere commesso da chiunque, non solo quindi dal titolare della pretesa vantata ma anche da terze persone.

Di avviso opposto un altro orientamento che invece valorizzava il tipo di condotta posta in essere sostenendo che nell’art 393 c.p. la violenza o la minaccia non fossero mai fini a sé stesse ma orientate per far valere un preteso diritto e non potevano mai consistere in un agire sproporzionato, altrimenti si sarebbe trasformato in una condotta estorsiva.

Questo orientamento poneva l’accento proprio sul grado di intensità della violenza o della minaccia che dovevano essere per così dire “contenute”

Secondo questo orientamento inoltre l’autore del fatto del reato di cui all’art 393 c.p. poteva essere solo colui che vantava una pretesa, il titolare del diritto e non il terzo che agiva per conto del titolare del diritto.

Ebbene le Sezioni Unite con questa recentissima sentenza hanno stabilito che

  • i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni hanno natura di reato proprio non esclusivo
  • il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie
  • il concorso del terzo del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalità

In buona sostanza con questa pronuncia la Suprema Corte ha stabilito che ciò che differenzia il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone dal reato di estorsione è l’elemento soggettivo ovvero ciò che il Giudice deve valutare è l’intenzione di chi agisce, il dolo.

Qualora si agisca per tutelare una pretesa giuridicamente tutelabile si risponderà dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, qualora invece si voglia ottenere una prestazione ingiusta con un proprio profitto si risponderà del diverso e più grave reato di estorsione.

Il grado di intensità della violenza e della minaccia verranno tenute in considerazione solo per valutare l’elemento soggettivo, ma non saranno più l’elemento che distinguerà queste due fattispecie di reato, con la precisazione però che, nel caso di elevata e sproporzionata violenza, si risponderà sempre del reato di estorsione.

Quanto all’autore del fatto, si è stabilito che anche una persona terza potrà rispondere del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ma solo se agirà nell’interesse altrui, qualora invece dovesse agire per fini egoistici e per un interesse proprio risponderà del reato di estorsione.

Differenza tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni e rapina

Il tema della differenza tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni e della rapina è stato trattato più volte nelle aule di Tribunale in quanto entrambi i reati possono concretizzarsi in una condotta posta in essere con il fine di ottenere un bene che si trova nella disponibilità materiale della vittima.

La differenza sta, anche in questo caso, nell’intenzione di chi agisce. Come si è avuto modo di argomentare, nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni l’agente è convinto di esercitare un proprio diritto mentre nella rapina vi è la consapevolezza di volersi procurare un ingiusto profitto in danno altrui.

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