È noto che l’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) offre ai lavoratori una copertura contro i danni patrimoniali e alla persona conseguenti ad infortuni o malattie professionali.
Può tuttavia accadere che quanto pagato da INAIL al lavoratore infortunato non sia sufficiente a ristorare per intero il danno subito dal dipendente, che pertanto potrà agire direttamente nei confronti del responsabile (solitamente del datore di lavoro) con richiesta di risarcimento del c.d. danno differenziale.
Che cos’è il danno differenziale?
Come detto, quando un lavoratore subisce un infortunio sul lavoro o si vede riconosciuta una malattia professionale egli riceve dall’INAIL, ricorrendone i presupposti di legge, un ristoro economico.
Quanto pagato dall’Istituto, tuttavia, non è detto che copra tutti i tipi e le voci di danno subiti dal lavoratore (si parla infatti di indennizzo e non di risarcimento).
Come affermato dalla giurisprudenza, infatti, «la diversità strutturale e funzionale tra l’erogazione INAIL ex art. 13 del D.Lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato» (cfr. Cassazione Civile, 07.02.2023, n. 3694).
Allorquando l’infortunio o la malattia siano stati determinati da responsabilità altrui (ad esempio del datore di lavoro che non ha rispettato la normativa in materia di sicurezza sul lavoro o di un guidatore che ha provocato un incidente stradale nel mentre il lavoratore si stava recando al lavoro ed il danneggiato abbia sofferto un pregiudizio più ampio di quello indennizzato da INAIL può agire in sede civilistica per ottenere un risarcimento ulteriore rispetto a quanto erogato dall’istituto.
Questo incremento costituisce, appunto, il danno differenziale.
Quali sono le differenze tra risarcimento del danno ed indennizzo INAIL?
Risarcimento del danno ed indennizzo INAIL si differenziano tra loro in quanto si basano su presupposti differenti.
INAIL interviene in favore del lavoratore infortunato o afflitto da malattia professionale al semplice verificarsi dell’evento morboso (quindi in maniera “automatica” e senza che sia richiesta alcuna valutazione in merito alla responsabilità di quanto accaduto), innanzitutto economicamente pagando la c.d. “invalidità temporanea giornaliera” sostitutiva della retribuzione, che ha come fine quello di garantire che al dipendente non manchino i mezzi economici necessari al proprio sostentamento.
In un secondo momento l’INAIL riconosce un ristoro per il c.d. “danno biologico permanente” costituito, per espressa definizione normativa (art. 13 co. 1 D.Lgs. n. 38/2000), dalla «lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona».
Non tutti i danni permanenti sono in qualche modo ristorati da INAIL in quanto le menomazioni:
- non vengono indennizzate se i postumi sono valutati tra 1% e 5%;
- con postumi valutati tra 6% e 15% sono indennizzate con una somma una tantum
- con postumi di grado pari o superiore al 16% sono indennizzate con una rendita
L’Istituto pertanto copre solo e soltanto la menomazione permanente dell’integrità psicofisica (peraltro a partire dal 6% in su) mentre non ristora in alcun modo pregiudizi di natura diversa come il danno biologico “temporaneo”, il danno “morale” o il danno “dinamico-relazionale”.
Diversamente dall’indennizzo INAIL, il risarcimento del danno civilistico ha come obiettivo quello di ristorare integralmente il lavoratore di tutti i pregiudizi sofferti (economici e non) e trova fondamento innanzitutto nella necessità di tutelare il diritto fondamentale alla salute riconosciuto dall’art. 32 Cost. e quello alla personalità morale della persona derivato dall’art. 2 Cost.
Trattandosi di danno di natura “civilistica” il danno differenziale è risarcibile solo e soltanto allorquando l’infortunio o la malattia siano attribuibili alla colpa o mancanza del datore di lavoro o di un terzo (ad esempio di utente della strada responsabile del sinistro nel quale rimane coinvolto il lavoratore).
Ne deriva, quindi, che se il datore di lavoro ha correttamente adempiuto all’obbligo di tutela del lavoratore facendo tutto il possibile per evitare il manifestarsi del danno (cfr. art. 2087 c.c.) -oppure, per rimanere all’esempio, se il conducente antagonista del dipendente non ha alcuna responsabilità per l’incidente- il danneggiato può aspirare ad ottenere soltanto l’indennizzo garantito dall’INAIL e non altro.
Come si calcola il danno differenziale?
Come detto il danno differenziale civilistico si compone di tutti quei pregiudizi che non rientrano nell’ambito dell’indennizzo erogato da INAIL, quindi esemplificativamente:
- danno biologico temporaneo
- danno biologico permanente con postumi inferiori al 6%
- danno morale (per sofferenze sopportate o per lesione della dignità interiore)
- danno dinamico-relazione (per stravolgimento della vita precedente a seguito delle menomazioni subite)
- danno da perdita o menomazione del rapporto parentale
- danno patrimoniale, sia per spese sostenute che per mancato guadagno
Una volta correttamente conteggiato il danno effettivo ed integrale subito dal lavoratore (quindi tenuto conto di tutte le diverse voci di pregiudizio) occorre procedere con la sottrazione di quanto erogato da INAIL, il residuo costituisce appunto il “danno differenziale” al pagamento del quale sarà tenuto il soggetto responsabile civilmente per l’infortunio o la malattia professionale.
Al riguardo occorre fare una precisazione: la sottrazione va fatta solo e soltanto per poste di danno omogenee, ovverosia riguardanti lo stesso “tipo” di pregiudizio e non invece limitandosi a raffrontare tra loro gli importi complessivi di danno civilistico subito ed indennizzo INAIL ricevuto.
Ciò significa, ad esempio, che non si può detrarre dal danno civilistico biologico (di natura non patrimoniale) quanto erogato da INAIL per invalidità temporanea giornaliera (di natura patrimoniale) oppure sottrarre alle spese sostenute per riparare il danno subito dal mezzo del lavoratore quanto versato dall’Istituto per spese mediche.
Ed ancora: l’indennizzo pagato da INAIL per “danno biologico” potrà essere scomputato solo e soltanto dalla corrispondente voce di danno civilistica mentre non potrà in alcun modo andare a limitare voci di danno essenzialmente diverse come il danno “morale” o “esistenziale”.
Ne consegue che dopo aver determinato e quantificato il pregiudizio “civilistico” si deve procedere con il raffronto di tale danno con l’indennizzo erogato dall’INAIL rigorosamente secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo quindi presente che:
- si deve innanzitutto distinguere tra danno non patrimoniale e danno patrimoniale
- nell’ambito del danno non patrimoniale l’indennizzo dell’Istituto ristora unicamente il danno biologico permanente (oggetto di accertamento medico-legale) e non gli altri danni di cui si compone la categoria unitaria di danno non patrimoniale (“morale” o “esistenziale”)
- nell’ambito del danno patrimoniale riguardante il pregiudizio alla capacità lavorativa (temporanea o permanente) lo si deve comparare alla quota INAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato
Chiaramente nelle ipotesi in cui il danno effettivo subito dal lavoratore, conteggiato secondo i criteri civilistici, risulti inferiore all’indennità già pagata da INAIL non vi sarà spazio per alcun riconoscimento di danno differenziale (cfr. art. 10 co. 6-8, D.P.R. n. 1124/1965).