Come previsto dall’art. art. 1655 c.c. l’appaltatore è tenuto a realizzare l’opera ed a eseguire i lavori in base alle condizioni stabilite nel contratto di appalto e nel relativo capitolato.
Tuttavia, spesso accade che durante l’esecuzione delle lavorazioni la ditta appaltatrice debba apporre delle “modifiche in corso d’opera” rispetto a quanto inizialmente pattuito.
In tale caso è dovuto il pagamento per gli ulteriori lavori eseguiti?
Per dare una risposta all’interrogativo tratteremo le differenze tra le variazioni nel contratto di appalto ed i lavori eseguiti extra contratto – in relazione sia a privati che ai Condomini – concludendo con una sezione dedicata ai possibili rimedi per risolvere e/o evitare l’insorgere di possibili controversie.
- Le variazioni nel contratto d’appalto
- Variazioni concordate
- Le variazioni necessarie
- Le variazioni ordinate dal committente
- Differenza tra variazioni e lavori extra contratto di appalto
- Lavori extra contratto di appalto in Condominio
- Rimedi per risolvere e/o evitare l’insorgere di controversie in materia di appalto
Le variazioni nel contratto d’appalto
Occorre premettere che le variazioni o varianti nel contratto d’appalto consistono in una modifica, anche parziale, dell’opera rispetto alle modalità convenute nel contratto originario. Si differenziano dalla c.d. sopravvenienze contrattuali (come l’aumento del costo delle materie prime e/o le difficoltà di esecuzione emerse dopo la conclusione del contratto di appalto) per essere determinare unicamente dalla volontà delle parti.
Le varianti all’opera possono essere apportate:
- prima dell’inizio dei lavori;
- durante l’esecuzione dei lavori
- dopo la conclusione delle opere ma a condizione che non sia ancora intervenuta l’accettazione dell’opera da parte del committente.
Le variazioni al progetto originario possono essere interventi necessari per completare l’opera e/o per migliorarne l’esecuzione a regola d’arte.
L’importante, però, è che si riferiscano al progetto originario con relativo capitolato e computo metrico. A titolo esemplificativo le variazioni all’opera possono riguardare:
- forma;
- dimensioni;
- struttura dell’opera:
- modalità esecutive dell’opera;
- aggiunte e/o eliminazioni che non comportino un mutamento sostanziale della natura dell’opera.
Il Codice Civile disciplina espressamente tre tipologie di varianti:
- concordate
- necessarie
- ordinate dal committente.
Variazioni concordate
Le variazioni previste dall’art.1659 c.c. sono dette concordate, appunto perché non possono essere apportate unilateralmente dall’appaltatore, ma devono essere concordate e autorizzate per iscritto dal committente. Anche quando le modifiche sono state autorizzate – se il prezzo dell’intera opera è stato determinato a forfait – l’appaltatore non ha diritto al compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diverso accordo.
Le variazioni necessarie
L’art. 1660 c.c. menziona le variazioni necessarie, ovvero quelle che possono sopraggiungere in corso d’opera per fatti nuovi, per la scoperta di difficoltà non considerate al momento della conclusione del contratto perché non conosciute né prevedibili usando l’ordinaria diligenza.
Proprio per evitare problemi, anche se non previsto dalla norma, è buona pratica quella di precisare nel contratto d’appalto che le varianti necessarie siano comunicate per iscritto al committente in modo che possa fare le dovute valutazioni.
Nel caso in cui le parti non trovino l’accordo, sarà il Giudice a decidere le variazioni da introdurre e le conseguenti modifiche del prezzo. Se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo pattuito, l’appaltatore può recedere dal contratto e può ottenere un’equa indennità, determinata in base ai lavori già eseguiti.
Viceversa se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è tenuto a corrispondere un equo indennizzo.
Le variazioni ordinate dal committente
È prevista anche l’ipotesi delle variazioni ordinate dal committente ex art. 1661 c.c., a condizione che sia stabilito un corrispettivo e che il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto. In questo caso, in mancanza di prova scritta, l’appaltatore può provare, anche mediante presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente. (Tra le tante v. Cass. Civ. Sez. II n. 19099/2011).
Differenza tra variazioni e lavori extra contratto di appalto
Per lavori extra contratto di appalto si debbono intendere tutte quelle opere diverse ed estranee rispetto al progetto originario che, ad esempio, possono venere eseguite – per convenienza in termini di tempo e costo – in concomitanza con i lavori preventivamente pattuiti.
Pertanto, per tutte quelle modifiche che alterano radicalmente l’oggetto originale del contratto d’appalto è necessario che venga stipulato un nuovo contratto di appalto. (Cfr. Cass. n. 18204/2020)
Su tali basi la ditta appaltatrice può eseguire e, quindi, richiedere il pagamento di lavori extra contratto solo se questi risultino pattuiti e autorizzati.
Lavori extra contratto di appalto in Condominio
Nell’ambito condominiale, si è soliti fare una distinzione tra lavori di ordinaria manutenzione che, di norma, sono piccoli interventi che rientrano nel contratto d’opera disciplinato dall’art. 2222 c.c e lavori di straordinaria manutenzione che, a meno che non rivestano carattere di urgenza, devono necessariamente passare al vaglio dell’assemblea che deve commissionare l’esecuzione delle opere ad una ditta appaltatrice.
In concreto, un contratto d’appalto relativo ad opere da eseguirsi in un condominio richiede l’approvazione dell’Assemblea ai sensi dell’art. 1135 comma 1 n.4 c.c. e con le maggioranze di cui all’art. 1136 comma 4 c.c., ovvero con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (quorum qualificato deliberativo). La delibera assembleare deve indicare l’oggetto del contratto d’appalto da stipulare con la ditta appaltatrice scelta, il tipo di lavori, il prezzo, gli elementi fondamentali, intendendosi compreso ogni lavoro connesso al preventivo approvato, viceversa il verbale sarà impugnabile.
Per quanto detto poc’anzi assumono particolare rilievo i lavori extra contratto che devono essere approvati e autorizzati con apposita delibera dell’assemblea dei condòmini, non bastando la semplice autorizzazione, seppur scritta, del solo Amministratore o del Direttore Lavori (cfr. Trib. Milano, sent. n.313/2022).
In altre parole, la ditta appaltatrice rapportandosi con l’Amministratore del condominio, dovrà accertarsi che lo stesso ne abbia la rappresentanza e che l’esecuzione dei lavori extra contratto – come peraltro i lavori previsti nel contratto originario- sia stata deliberata ed approvata dall’assemblea dei condòmini. In caso contrario, ne risponderà l’Amministratore personalmente, salvo ratifica da parte dell’assemblea.
L’assemblea può ratificare le spese straordinarie erogate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva delibera di esecuzione. (Cass. Civ. n. 4430/2017).
Rimedi per risolvere e/o evitare l’insorgere di controversie in materia di appalto
Le maggiori problematiche derivano spesso dal contenuto del contratto di appalto le cui clausole devono essere preventivamente discusse con l’impresa in modo da poter prevenire l’insorgere del contenzioso.
Occorre quindi redigere il contratto d’appalto nel modo più accurato possibile, aggiungendo apposite clausole in caso di varianti – specificando le modalità di autorizzazione e di recesso e/o eventuali penali per i ritardi nell’esecuzione dei lavori.
È infatti nell’interesse sia della ditta appaltatrice che del committente che il rapporto si svolga senza problemi, pertanto, è sempre meglio rivolgersi ad un professionista che saprà adattare le singole clausole alle specifiche esigenze delle parti.
Una volta ultimati i lavori o anche durante la loro esecuzione è possibile, tuttavia, riscontrare eventuali difformità rispetto a quanto pattuito nel contratto d’appalto. In questi casi il consiglio è agire subito, incaricando un tecnico esperto affinché rediga una perizia di parte, dove descriva lo stato dei luoghi, quantità e qualità dei lavori eseguiti e dei materiali utilizzati, la presenza di eventuali vizi imputabili alla ditta appaltatrice, quali interventi di ripristino andranno eseguiti ed i relativi costi. I vizi devono essere denunciati secondo le modalità previste dagli artt. 1667 e 1669 c.c.
Se non si riesce a trovare un accordo bonario, il rimedio giuridico più veloce è l’ATP: accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. L’ATP è un procedimento sommario cautelare che si introduce con ricorso avanti il Giudice competente, esponendo, a pena di inammissibilità, i motivi che giustificano l’urgenza, ovvero il pericolo costituito dal ritardo (periculum in mora) e la probabile esistenza del diritto (fumus boni iuris) di cui si chiede tutela.
Il Giudice, valutata la presenza dei due requisiti predetti, nominerà un consulente – soggetto terzo ed imparziale- con l’incarico di descrivere dettagliatamente lo stato dei luoghi, la presenza di vizi, le cause e i rimedi, quantificare i costi di ripristino e tentare la conciliazione tra le parti.
In particolare nell’ambito del contratto d’appalto, se con l’ATP il consulente accerta la presenza di vizi imputabili alla ditta appaltatrice, le parti avranno in concreto la possibilità di conciliare la lite senza instaurare un giudizio ordinario più lungo e costoso. In caso contrario, la perizia espletata in corso di ATP potrà essere utilizzata – previa acquisizione – nel successivo giudizio di merito ai fini probatori.