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La consapevolezza circa l’importanza degli animali da compagnia è cresciuta nel corso del tempo ed oggi è rilevante anche sul piano risarcitorio per i proprietari in ipotesi di perdita per fatto illecito altrui.

risarcimento del danno da uccisione dell'animale da affezione

L’animale d’affezione è riconosciuto giuridicamente?

Forse non tutti lo sanno, ma anche gli animali da compagnia sono stati oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore nel corso degli anni.

In specifico si possono ricordare:

  • la Dichiarazione universale dei diritti degli animali del 1978, che all’art. 6 prevede: «ogni animale che l’uomo ha scelto per compagno ha diritto a una durata della vita conforme alla sua naturale longevità»
  • la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del 1987 che dopo aver affermato nel Preambolo «l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società» all’art. 1 li definisce come «ogni animale tenuto, o destinato a essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia»
  • la Legge quadro in materia di animali di affezione n. 281/1991 secondo cui «lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente»
  • la Legge n. 189/2004 che ha introdotto nell’ordinamento penale le fattispecie di delitti contro il sentimento per gli animali tra cui l’art. 544 bis c.p. che punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni chiunque, per crudeltà o senza necessità, provochi la morte di un animale

Si può quindi affermare che, per l’ordinamento giuridico, gli animali scelti dalle persone come “compagni di vita” non rappresentano un semplice bene di proprietà bensì una presenza fondamentale per l’esperienza di vita.

Posso chiedere il risarcimento per l’uccisione del mio animale da compagnia?

L’art. 2043 c.c. afferma che «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».

Quindi laddove l’animale da compagnia perda la vita a causa del comportamento illecito altrui -come ad esempio in occasione di un sinistro stradale provocato dalla condotta di guida colposa del veicolo antagonista- al proprietario è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno subito.

A sua volta il danno può assumere una duplice natura:

  • patrimoniale (art. 1223 c.c.) consistente, per quel che qui rileva, nel prezzo pagato per l’acquisto dell’animale o nel suo valore economico di mercato (ragionevolmente, invece, non potrà essere oggetto di ristoro patrimoniale la morte di un piccolo di meticcio nato in casa e senza alcun valore economico), nonché negli esborsi sostenuti per spese veterinarie dell’animale e sanitarie (ad es. terapeutiche) per il proprietario
  • non patrimoniale consistente nel pregiudizio, in particolare morale, patito dalla persona a seguito della perdita dell’animale

In questo caso, infatti,siamo in presenza di una fattispecie “prevista dalla legge”(cfr. art. 2059 c.c.) affinché possa avere luogo il risarcimento: e ciò sia perché l’uccisione dell’animale integra fattispecie penale (cfr. art. 185 co. 2 c.p. ed art. 544 bis c.p.) e sia in quanto il legame affettivo che si viene a creare tra proprietario ed animale è stato riconosciuto rientrare tra le attività realizzatrici della persona (tutelate dall’art. 2 Costituzione).

In concreto, la quantificazione del danno sarà fatta dal giudice in via equitativa (cfr. art. 1226 c.c.), assegnando una somma di denaro -da poche centinaia di euro a qualche migliaio- calcolata tenendo conto della specificità del caso concreto (se l’animale viveva in casa o meno; se vi sono altri animali da compagnia; da quanto tempo durava il rapporto, etc.).

Il danno è da provare o sussiste sempre?

In conformità ai principi generali in materia di onere della prova (cfr. art. 2697 c.c.) il proprietario dell’animale deve provare:

  • il fatto storico costituito dall’uccisione attribuibile all’altrui responsabilità
  • la sussistenza di una relazione particolarmente intensa ed affettiva con l’animale
  • le sofferenze provate o il peggioramento della qualità della vita subito a seguito della perdita

Non si può quindi ottenere risarcimento semplicemente affermando che il danno sussisterebbe per il fatto in sé della perdita dell’animale.

E se l’animale non muore ma è solo ferito?

Diversamente dall’uccisione, il semplice ferimento dell’animale non pare possa dare luogo a risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto tale fattispecie non rientrerebbe in alcuna categoria tutelata dall’ordinamento (si veda, ad es., Cassazione Civile n. 26770/2018).

Resta ferma, in ogni caso, la possibilità di ottenere ristoro delle spese sostenute per le cure dell’animale.

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