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Revenge porn: la vendetta contro il partner

Sempre più spesso capita di sentire parlare di ex partner che si vendicano diffondendo foto o video dal contenuto sessualmente esplicito sul web: stiamo parlando di “revenge porn”.

L’art. 612 ter codice penale

Revenge porn: la vendetta contro il partner

Il 16 luglio 2019 è stata approvata la legge n. 69 nota con il nome di Codice rosso.

La Legge 69 del 19 luglio 2019 denominata “Codice rosso” ha introdotto all’art. 612 ter c.p. la nuova norma della “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” che punisce:

  • al primo comma, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate
  • al secondo comma, chi avendo ricevuto o acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento

Chi viene punito nel revenge porn?

Molteplici sono i modi in cui si può incorrere in questo reato.

Viene punito infatti chi, andando a ledere la privacy, la reputazione e/o la dignità della vittima, senza il suo consenso

  • invia
  • consegna
  • cede
  • pubblica
  • diffonde

immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinate a rimanere tra privati.

Pertanto, sarà ritenuto colpevole non solo il soggetto che invia per primo il contenuto hard ma anche il terzo che entratone in possesso contribuisca alla sua diffusione.

Come detto, l’elemento del consenso è essenziale per ricadere o meno nell’illecito punibile. Ad esempio, se una persona si fotografa o si filma durante un rapporto sessuale con il consenso del partner non commette reato, mentre nel momento in cui lo stesso video viene diffuso senza il consenso o all’insaputa della vittima la condotta diventerà punibile.

Ed ancora, lo scambio di contenuti hard attraverso le chat social o computer, fenomeno sempre più in voga tra i giovanissimi, non è reato essendo il sexting basato sulla libera volontà dei soggetti di scambiarsi messaggi con contenuto sessualmente esplicito, mentre nel momento in cui questo materiale viene inviato a terzi per recare danno alle persone ivi immortalate si ricade nell’illecito del revenge porn.

Uno degli esempi più frequenti che ricorre nelle aule del Tribunale è quello del partner che filma il video del rapporto sessuale senza il consenso della vittima e che poi minaccia di pubblicarlo. La vittima, messa di fronte a questa minaccia, deve trovare la forza di volontà e coraggio di presentare querela.  

Revenge porn e procedibilità a querela

Il delitto di revenge porn è punito a querela della persona offesa.

Si hanno 6 mesi per proporre la querela e, una volta proposta, questa può essere ritirata solo in udienza davanti al Giudice che deve verificare se la persona offesa vuole realmente rimettere la querela o non abbia invece paura di ritorsioni o abbia subito minacce.

Capita di frequente che le vittime di questi tipi di illeciti trovino il coraggio di sporgere querela per poi non riuscire ad affrontare il processo per vergogna o paura delle ritorsioni.

Ecco il motivo per cui la rimessione della querela in questo tipo di reato deve essere fatta davanti al Giudice che dovrà valutare se la persona offesa sia ben cosciente di quello che sta facendo.

È una forma di tutela che l’ordinamento ha voluto dare alla vittima.

Diversamente si procede d’ufficio (cioè non occorre la querela) quando l’autore del fatto è il coniuge o persona con la quale si ha una relazione sentimentale o se il fatto è commesso tramite il web.

La sanzione

La sanzione applicabile per il reato di revenge porn va da 1 a 6 anni di reclusione e da 5 mila a 15 mila di multa che aumenta se viene commesso dal coniuge anche separato/divorziato o da persona con la quale si ha una relazione sentimentale o se per realizzare il fatto si sono usati strumenti informatici (per esempio divulgando i video tramite i social)

Il reato diviene ancora più grave e quindi la pena aumentata quando lo si commette contro una persona affetta da disturbi psichici o fisici o è in stato di gravidanza o se unito al reato di estorsione.

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