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Al giorno d’oggi, grazie allo sviluppo di internet, è facile comprare beni di valore a prezzi vantaggiosi.

Fenomeno ancor più cresciuto nell’ultimo periodo grazie al boom della vendita di prodotti di seconda mano, con un volume d’affari generato nel corso dell’ultimo anno di circa 23 miliardi di euro.

Quello che può sembrare, all’apparenza, un buon affare spesso nasconde un rovescio della medaglia con cui potremmo essere chiamati a fare i conti.

Sono, infatti, all’ordine del giorno gli acquisti di prodotti falsi, rubati o della cui provenienza è lecito dubitare.

Acquistando, quindi, un oggetto di valore ad un prezzo modico potremmo essere chiamati a rispondere di una delle tre seguenti violazioni:

Di seguito analizziamo le tre fattispecie:

Il reato di ricettazione per chi acquista beni rubati

La ricettazione è indubbiamente la violazione più grave delle tre. È disciplinata dall’art 648 c.p., norma posta a tutela del patrimonio del soggetto che subisce un delitto (ad esempio un furto).

Viene, infatti, punito chi acquista, riceve o occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto al fine di procurare a sé o ad altri un profitto.

Elementi essenziali del reato sono:

  • la consapevolezza che il bene ha una provenienza delittuosa. Elemento che può essere ravvisato non solo nella contezza che il bene provenga da un illecito altrui ma anche nell’omessa/non attendibile indicazione della provenienza dell’oggetto ricevuto.
  • il profitto, che, a titolo esemplificativo, può consistere anche nel mero risparmio ottenuto rispetto al prezzo a cui il bene viene venduto nei negozi e/o nei canali ufficiali di vendita. 
  • il reo-ricettatore non deve aver partecipato al reato (presupposto) dal quale provengono illecitamente il denaro o le cose. 

Il soggetto colpevole del reato di ricettazione viene punito con la pena della reclusione da due a otto anni e la multa da euro 516 ad euro 10.329 che può essere:

  • aumentata se il fatto riguarda denaro o cose che provengono da specifici reati quali la rapina aggravata, l’estorsione aggravata o il furto aggravato.
  • diminuita fino a 6 anni di reclusione e multa fino a 516 euro se il fatto è di particolare tenuità.

L’acquisto di cose di sospetta provenienza (incauto acquisto)

L’art 712 c.p, rubricato acquisto di cose di sospetta provenienza, pone subito il focus sull’elemento psicologico che risulta essere la differenza principale con il reato di ricettazione.

Difatti, in caso di incauto acquisto, il reo non è consapevole che il bene provenga da un atto criminoso, anche se può rendersi conto dell’origine sospetta dello stesso da ricercarsi nelle condizioni della cosa acquistata (es: prezzo ribassato rispetto all’originale, vendita per strada …).

La norma sopra richiamata, difatti, punisce chi, “senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare provengano da reato”.

In altri termini, al reo viene contestato di aver ignorato la provenienza sospetta di un bene procedendo comunque nell’acquisto fattispecie criminosa che viene punita molto più lievemente “con l’arresto fino a 6 mesi o ammenda non inferiore a 10 euro”.

Acquisto di un bene ex art. 1, comma 7, D.L. 14 marzo 2005, n. 35

Esiste poi una terza ipotesi contestabile che è disciplinata dall’art 1 comma 7, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 e successivamente modificato con la legge n 99 del 2009

Si tratta di un illecito amministrativo che punisce l’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti e in materia di proprietà industriale.

In questo caso è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 7000 euro

Qualora l’acquisto sia effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale, la sanzione amministrativa pecuniaria è maggiore, partendo da un minimo di € 20.000,00 fino ad un milione di euro.

Cosa rischio nell’acquistare un oggetto rubato?

Non è sempre facile destreggiarsi tra le tre fattispecie meglio descritte poc’anzi. Difatti, capita di frequente che i confini che distinguono le tre violazioni non siano così netti.

Ad ulteriore riprova di ciò, basti leggersi la sentenza n. 22225 dell’8 giugno 2012 con cui la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è trovata ad esaminare il seguente quesito riferito ad un caso di acquisto da parte di un soggetto di un orologio Rolex contraffatto: “Se possa configurarsi una responsabilità a titolo di ricettazione per l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata»

In buona sostanza in presenza di una condotta che ben può integrare tutte e tre gli illeciti di cui si è parlato, quale elemento fa la differenza?

L’elemento soggettivo, ossia bisogna valutare se la condotta è stata posta in essere con dolo o con colpa.   

Di seguito si riportano alcuni passaggi della sentenza n. 22225/2012 con cui la Suprema Corte ha affermato alcuni fondamentali principi:

  • Un primo elemento è quello che concerne gli autori dell’illecito amministrativo:
    in origine erano puniti con identica sanzione tutti coloro che effettuavano l’acquisto o la ricezione ovvero l’intermediazione all’acquisto o alla ricezione a qualsiasi titolo e per qualsiasi finalità di cose che violavano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale;
    successivamente si prevede una sanzione amministrativa “rafforzata” per gli operatori commerciali o importatori o, comunque, soggetti diversi dall’acquirente finale;
  • Un secondo elemento è quello relativo alle modalità dell’acquisto:
    in origine qualsiasi acquisto, da chiunque effettuato, doveva essere avvenuto «senza avere prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale»;
    tali modalità rimangono ferme anche quando successivamente si distingue tra acquirente finale e non finale;

con la legge n. 99 del 2009 viene soppressa la formula «senza averne prima accertata la legittima provenienza»;

  • Un terzo elemento di fondamentale importanza è quello relativo alla clausola di riserva:

in origine la formula «salvo che il fatto costituisca reato» riguardava indistintamente qualsiasi tipologia di acquisto;
con la legge n. 99 del 2009 la clausola di riserva viene soppressa con specifico riferimento all’acquirente finale e viene introdotta solo con riguardo agli acquisti effettuati da qualsiasi soggetto diverso dall’acquirente finale.

  • L’illecito amministrativo può essere contestato solo all’acquirente finale mentre il reato di cui all’art 648 e 712 c.p. può essere commesso da “chiunque”;
  • L’inciso «cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale», costituisce specificazione di quello di «cose provenienti da un qualsiasi delitto» di cui all’art. 648 c.p.;
  • È stata eliminata la formula «senza averne prima accertata la legittima provenienza» in tal modo evidenziandosi la possibilità di configurare l’illecito amministrativo quale che sia l’atteggiamento psicologico del soggetto agente, poiché la semplice formula «inducano a ritenere» è idonea a comprendere sia il mero sospetto che la piena consapevolezza della provenienza illecita del bene che si acquista.

Semplificando la Corte ha stabilito che “non può configurarsi una responsabilità penale per l’acquirente finale di cose in relazione alle quali siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale”

Ciò significa che all’acquirente finale di un marchio contraffatto non potrà più essere contestata la violazione più grave della ricettazione, né tanto meno quella dell’incauto acquisto bensì solo l’illecito amministrativo di cui all’art 1 comma 7, d.l. 14 marzo 2005, n. 35 che, tuttavia, è bene nuovamente ricordarlo, prevede una sanzione pecuniaria da 100 a 7000 euro.

Di quale reato risponde invece chi mette in vendita beni contraffatti?

Chi mette in vendita un bene contraffatto solitamente risponde sia del reato di contraffazione ex art 474 c.p. che di quello di ricettazione ex art 648 c.p.

Il tipico caso è quello dei venditori ambulanti presenti in tutte le città italiane e ai quali la gente si rivolge per l’acquisto, a costi irrisori, di beni di note case di moda notoriamente contraffatti.

Costoro, difatti, andranno esenti da responsabilità solo se l’imitazione è talmente banale da non riuscire ad ingannare nessuno essendo vero che nessuno può essere punito quando, per la inidoneità dell’azione o per la inesistenza dell’oggetto è impossibile l’evento dannoso o pericoloso (c.d. reato impossibile previsto dall’art. 49, comma 2 c.p.)

Tuttavia esistono alcune isolate pronunce della Corte di Cassazione che hanno statuito il contrario ovvero che si risponde del reato di cui all’art 474 c.p. anche quando l’imitazione sia così grossolana da risultare palesemente falsa.

Per questo reato l’offesa spesso risulta particolarmente tenue, potendosi quindi invocare l’assoluzione ex art 131bis c.p.

Quanto alla ricettazione, solo se è dimostrato che il bene contraffatto viene utilizzato per uso personale si potrà aspirare ad una sentenza assolutoria.

Diversamente venderlo o regalarlo è sempre considerato reato.

Consigli per gli acquisti

È a dir poco scontato che prima di acquistare un prodotto è consigliabile assicurarsi della legittima provenienza dello stesso. Laddove ciò non sia possibile – ad esempio se l’acquisto avviene in un mercatino dell’usato o tramite siti web – è sempre bene conservare le eventuali ricevute e gli scambi di mail e tutto quanto possa provare la vostra buona fede nel caso in cui doveste essere sottoposti a procedimento penale.

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