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Nel momento in cui due coniugi decidono di separarsi prendono rilievo diverse questioni quali:

assegnazione casa coniugale

Cosa si intende per “casa familiare”

La casa familiare è il centro di aggregazione ove si svolge abitualmente la vita domestica della famiglia durante la convivenza.

Tale concetto, quindi, si estende ben oltre le quattro pareti che formano la casa e ricomprende tutti gli arredi, i servizi e le pertinenze (ad es. cantine, garage, giardino, etc.) ad esclusione dei beni strettamente personali dei coniugi.

Nel momento in cui una coppia, sia che sia unita in matrimonio che di conviventi, decide di separarsi occorre stabilire quale dei due partner abbia diritto a rimanere all’interno della casa familiare.

Spesso, specie se in presenza di figli (minorenni, maggiorenni non economicamente autosufficienti, portatori di handicap), la decisione non si lega alla proprietà dell’immobile.

Difatti, l’art. 337 sexies c.c. prevede che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.

Il presupposto dell’assegnazione della casa coniugale

Lo scopo primario dell’assegnazione della casa familiare è quello di evitare che i figli della coppia in crisi debbano abbandonare l’abitazione nella quale sono cresciuti, e risponde quindi ad una esigenza di tutela della prole.

Proprio per tale motivo, in presenza di figli la casa familiare verrà assegnata al partner-genitore con il quale verrà stabilito che essi conviveranno ancorché non proprietario dell’immobile.

Nei casi in cui ciò sia possibile (per le caratteristiche strutturali dell’immobile e per l’assenza di insanabile conflittualità tra gli ex partner) potrebbe avere luogo anche l’assegnazione parziale della casa, che verrebbe così ad essere suddivisa in separate unità abitative assegnate separatamente all’uno e all’altro.

L’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione

Se il genitore al quale viene assegnata la casa familiare non è il titolare del contratto di locazione o comodato in virtù del quale la famiglia aveva la disponibilità dell’immobile, il rapporto proseguirà comunque con l’assegnatario.

L’art. 337 sexies c.c. stabilisce che il provvedimento di assegnazione (al pari di quello di revoca) sia trascrivibile ed opponibile a terzi secondo quanto previsto dall’art. 2643 c.c. pur essendo un diritto personale di godimento e non un diritto reale

L’adempimento della trascrizione ha lo scopo di portare alla formale e giuridica conoscenza dei terzi del diritto di abitazione da parte dell’assegnatario.

La cessazione del diritto di assegnazione

L’art. 337 sexies c.c. individua espressamente le ipotesi di cessazione del diritto di assegnazione in:

  • mancato utilizzo o cessazione di utilizzo da parte del coniuge assegnatario della casa familiare.
  • autosufficienza economica dei figli che diventano economicamente indipendenti
  • il coniuge assegnatario contragga nuovo matrimonio o cominci una convivenza more uxorio con un’altra persona.

La motivazione sottostante a tale previsione è intuibile: l’abbandono della casa familiare, una nuova convivenza o un nuovo matrimonio da parte dell’assegnatario fanno venire meno l’originario habitat domestico dei figli che giustificava l’assegnazione.

Al verificarsi delle ipotesi sopra descritte il coniuge non assegnatario – in caso di mancato spontaneo rilascio – può ricorrere al Giudice per chiedere la revoca del provvedimento di assegnazione.

L’assegnazione della casa familiare in matrimonio senza figli

In questa ipotesi opera il principio che la casa resta al proprietario, fatto salvo il diritto residuale del coniuge affetto da patologie o infermità particolari che giustifichino la permanenza all’interno dell’immobile.

Pertanto, se uno dei due coniugi ha:

  • acquistato con i propri risparmi la casa familiare in costanza di matrimonio contratto in regime di separazione dei beni
  • acquistato la casa familiare prima del matrimonio contratto in regime di comunione dei beni;
  • ricevuto la casa adibita a familiare in donazione

questi avrà diritto a rimanere a vivere lì, essendo l’altro coniuge costretto ad andare via.

Viceversa, se la casa è in comproprietà i coniugi possono:

  • trovare un accordo che preveda la vendita dell’immobile e la divisione del ricavato oppure la liquidazione da parte di un coniuge all’altro del 50% del valore della casa coniugale;
  • procedere alla vendita coattiva, disposta da un Giudice, in caso di mancato accordo

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