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Con la L. n. 24/2017 (c.d. “Gelli-Bianco”) il legislatore è intervenuto per riordinare la materia della responsabilità sanitaria, prevedendo tra l’altro una condizione di procedibilità per l’azione giudiziaria civile di risarcimento danni: il previo esperimento di un procedimento per consulenza tecnica preventiva (A.T.P.) di cui all’art. 696 bis c.p.c. o, in alternativa, del procedimento di mediazione ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis D.Lgs. n. 28/2010

Ci occuperemo qui di delineare i tratti del primo dei due rimedi in quanto, generalmente, si sceglie l’Accertamento Tecnico Preventivo perché anche nel caso in cui non si giunga ad alcun accordo in sede preventiva, le parti sono già in possesso di una consulenza tecnica spendibile nel successivo giudizio di merito, con evidente risparmio in termini di tempi e costi (cfr. art. 696 bis, co. 5 c.p.c.).

Responsabilità medica e accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c.

La legge in materia di responsabilità professionale sanitaria

Per quel che interessa ai nostri fini, la norma di riferimento è costituita dalla legge in materia di responsabilità professionale sanitaria che all’art. 8, co. 1 L. n. 24/2017 afferma: “Chi intende  esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente”, mentre il co. 2 prevede che “La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento […] L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio  dal  giudice, non oltre la prima udienza”.

Questo vale sia che il paziente-danneggiato proceda nei riguardi della struttura sanitaria che gli ha fornito la prestazione (nei confronti della quale potrà far valere il regime della responsabilità c.d. “contrattuale” ex art. 1218 c.c.) sia che convenga in giudizio (anche o solo) il medico al cui operato si ritenga di attribuire la lesione (nei confronti del quale, però, al di fuori di ipotesi di rapporto contrattuale diretto col professionista, dovrà agire secondo i principi della responsabilità c.d. “extra-contrattuale” ex art. 2043 c.c.).

La procedura di accertamento del danno

Per decidere se una determinata situazione meriti o no di essere censurata come ipotesi di “mala sanità”, occorre innanzitutto rivolgersi ad un perito di parte specialista in medicina legale affinché, esaminati tutti gli elementi del caso, fornisca un parere che consenta all’interessato di valutare la fondatezza, almeno potenziale, del caso.

Una volta deciso di procedere, si presenta al Tribunale competente un ricorso, a seguito del quale il giudice designato nomina un proprio consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.), incaricato di redigere, nel contraddittorio con le parti, una perizia con la quale accertare in via preliminare se sussista o meno, ed in ipotesi affermativa in che entità, una responsabilità medica.

Quanto al Tribunale competente per territorio, occorre precisare che laddove si debba agire nei confronti di strutture sanitarie pubbliche (o private convenzionate), occorrerà rivolgersi al giudice del luogo in cui le stesse hanno la loro sede; se invece convenuta sia una struttura privata non convenzionata, è possibile rivolgersi al giudice del proprio luogo di residenza, in applicazione della normativa in materia di consumatore (cfr. art. 33 Codice Consumo).

Tenuto conto anche della finalità conciliativa del procedimento in esame (secondo quanto previsto dall’art. 696 bis co. 1 c.p.c.: “Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti”) è necessaria la presenza di tutte le parti coinvolte, quindi paziente-danneggiato, struttura sanitaria e/o medico, nonché le eventuali e rispettive imprese assicuratrici. È previsto che queste ultime siano tenute a formulare un’offerta risarcitoria o a comunicare i motivi per i quali non intendono formularla

Sono previste sanzioni per la mancata partecipazione al procedimento e, per l’assicurazione, per la mancata formulazione di adeguata offerta (cfr. art. 8, co. 4 L. n. 24/2017).

In linea generale la durata della procedura non può eccedere i sei mesi, decorso il quale la parte può comunque introdurre il giudizio civile di merito, che a quel punto diviene procedibile.

Aspetti procedurali

Nel caso in cui, all’esito dell’Accertamento Tecnico Preventivo, le parti raggiungano un accordo conciliativo lo stesso verrà formalizzato in un apposito verbale, che acquisisce efficacia di titolo esecutivo (cfr. art. 696 bis co. 3 c.p.c.) e che andrà esente dall’imposta di registro (cfr. art. 696 bis co. 4 c.p.c.).

Nella diversa ipotesi di mancata conciliazione, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine di sei mesi dall’avvio, occorre depositare presso lo stesso ufficio giudiziario che ha trattato il procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo, l’atto di inizio della causa di merito nelle forme del ricorso ex art. 702 bis c.p.c.

Come detto in tale giudizio le parti potranno chiedere al Giudice di acquisire la Consulenza Tecnica d’Ufficio già svolta nel procedimento preliminare.

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