·
info@studiolegalegulino.it
·
Lun - Ven 08:30-13:00 | 15:00-19:30
045 8034209

Che cos’è la busta paga?

Mancato pagamento della retribuzione

Tutti abbiamo sentito parlare della “busta paga” e del fatto che essa accompagni il pagamento dello stipendio o del salario.

Le norme concernenti l’obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di busta paga sono state dettate ancora dalla L. n. 4/1953

A livello generale può dirsi che il datore di lavoro ha l’obbligo di pagare i propri dipendenti nei termini previsti dal contratto, in conformità a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, ed altresì di consegnare al proprio dipendente la busta paga, che ovviamente non deve presentare omissioni o inesattezze.

Se il datore di lavoro consegna la busta paga ma omette l’effettivo pagamento, il documento potrà essere utilizzato dal lavoratore come prova del credito vantato nei suoi confronti.

Quello alla retribuzione è un diritto fondamentale del lavoratore, ed in tali termini si esprime l’art. 36 della Costituzione («Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»).

La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga, su richiesta del datore di lavoro, per espressa previsione normativa non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione (art. 1 co. 912, L. n. 205/2017), bensì unicamente della consegna del documento.

Il termine di prescrizione dei crediti di lavoro è di cinque anni (art. 2948 c.c.).

Cosa fare se viene consegnata la busta paga senza percepire la retribuzione?

Richiesta stragiudiziale

La modalità più semplice e meno onerosa in caso di retribuzione non pagata è quella di indirizzare al datore di lavoro una lettera di contestazione e messa in mora (scarica IL FAC SIMILE della richiesta di pagamento stragiudiziale) che contenga tutti gli estremi della rivendicazione (art. 1219 c.c.), con modalità tali da garantire la consegna (via Posta Elettronica Certificata, raccomandata a/r, consegna a mano).

Tentativo di conciliazione in Ispettorato Territoriale del Lavoro

Una via amministrativa a disposizione del lavoratore è quella di rivolgersi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro del luogo, con richiesta di avvio di procedura di conciliazione che si svolgerà avanti ai funzionari dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro e che, in caso di esito positivo, si concluderà con redazione di verbale al quale potrà essere apposta formula esecutiva (art. 11, D.Lgs. n. 124/2004).

Ingiunzione di pagamento giudiziale

In sede giudiziaria, la via più semplice e veloce per il lavoratore è quella di procedere giudizialmente depositando al Tribunale competente, in funzione di giudice del lavoro, un ricorso per ingiunzione di pagamento, nel quale la busta paga consegnata dal datore di lavoro abbia funzione di “prova scritta” (art. 633 c.p.c.) e possa essere invocata anche ai fini dell’ottenimento di un titolo esecutivo provvisorio in quanto costituente “documentazione proveniente dal debitore comprovante il diritto fatto valere” (art. 642 c.p.c.).

L’ingiunzione di pagamento è un ordine mediante cui il Giudice intima al datore di lavoro di pagare le somme dovute al lavoratore entro 40gg. Contestualmente viene dato un espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che, in mancanza di opposizione, il lavoratore potrà procedere ad esecuzione forzata.

In caso di decreto ingiuntivo emesso provvisoriamente esecutivo, il lavoratore potrà procedere senza indugio con l’atto di precetto portante l’intimazione al pagamento nel termine di 10 giorni.

Nel caso in cui il datore di lavoro decida di presentare opposizione al decreto ingiuntivo, avrà inizio un procedimento ordinario dinanzi al Giudice del Lavoro.

Cosa fare se la busta paga non è consegnata?

Se il datore di lavoro omette di consegnare la busta paga, il lavoratore potrà chiedere al Giudice del Lavoro l’emissione di un ordine di consegna del cedolino (art. 633 c.p.c.) per le successive determinazioni.

La richiesta di ingiunzione di pagamento potrebbe altresì essere motivata facendo ricorso ad altri documenti da cui possa ricavarsi con certezza la sussistenza del credito, come ad esempio i flussi UNIEMENS (sistema unitario di inoltro all’INPS delle denunce mensili relative ai lavoratori dipendenti) da cui desumere l’imponibile contributivo, il modello CUD ecc..

In questi casi – e a differenza di quanto detto sopra – l’effettiva possibilità di ottenere dal Tribunale un decreto ingiuntivo è quantomeno aleatoria.

Altra via è quella di instaurare avanti al Giudice del Lavoro causa ordinaria (art. 414 c.p.c.). In tal caso sarà onere del lavoratore fornire prova (documentale, per testimoni, con richiesta di ordini di esibizioni ecc.) delle richieste avanzate nei confronti del datore di lavoro.

Vi è poi sempre la possibilità per il lavoratore di rivolgersi al servizio ispettivo presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Non si è tenuti a lavorare gratis: la possibilità di dimettersi senza preavviso

Il lavoratore, in caso di mancato pagamento della retribuzione, è legittimato a recedere dal rapporto di lavoro senza preavviso, osservando le modalità previste, essendo l’inadempimento del datore di lavoro una “giusta causa” di recesso (art. 2119 c.c.). 

In tali casi il lavoratore potrà avere accesso ai sussidi di disoccupazione, come pacificamente previsto dall’INPS.

Quali rischi corre il datore di lavoro? Le sanzioni per la ritardata retribuzione

La legge (art. 5 Legge n. 4/1953) prevede che la mancata o ritardata consegna al lavoratore della busta paga esponga il datore di lavoro alla sanzione amministrativa da un minimo di € 150,00 ad un massimo di € 900,00 (oltre, ovviamente, all’obbligo di pagamento delle retribuzioni portate dal cedolino stesso).

Se il datore di lavoro reitera tale comportamento le sanzioni nei suoi confronti sono aumentate.

Ad esempio l’importo della sanzione varia da € 600,00 ad € 3.600,00 se la violazione riguarda almeno 5 dipendenti oppure un periodo di almeno 6 mesi ed aumenta da un minimo di € 1.200,00 ad un massimo di € 7.200,00 se la violazione riguarda almeno 10 lavoratori oppure un periodo di almeno 12 mesi).

La competenza per l’applicazione delle sanzioni amministrative è dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

L’ipotesi del datore di lavoro insolvente: il Fondo di Garanzia dell’INPS

Una volta che il lavoratore abbia ottenuto il c.d. “titolo esecutivo” (ad es. un decreto ingiuntivo non oggetto di opposizione oppure un verbale di conciliazione raggiunto in sede di Ispettorato Territoriale del Lavoro) in caso di perdurante inadempimento da parte del datore di lavoro potrà avviare, con l’assistenza di un avvocato, la procedura di esecuzione forzata per recuperare il proprio credito.

Se nemmeno questa strada risulta soddisfacente perché il datore di lavoro è insolvente, il lavoratore potrà rivolgersi all’apposito Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS. Detto fondo, a determinate condizioni, consente di recuperare le ultime tre mensilità ed il Trattamento di Fine Rapporto non percepiti.

Per esempio, se il datore di lavoro è assoggetto alle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo o fallimentare) il Fondo di Garanzia dell’INPS interviene in favore del lavoratore quando:

  • viene meno il rapporto di lavoro
  • è stato accertato lo stato di insolvenza con apertura di una procedura concorsuale
  • è stata accertata l’esistenza del credito per TFR e ultime tre mensilità di stipendio/salario

Rimani sempre aggiornato

La nostra newsletter mensile comprende aggiornamenti in ambito legale e consigli utili per tutti i nostri iscritti