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Cosa sono gli atti emulativi?

Quando si parla di diritto di proprietà non si può fare a meno di dare la giusta rilevanza agli atti emulativi che, non a caso, sono collocati all’interno del codice civile subito dopo la definizione di proprietà data dall’art. 832 c.c.

In pratica, il legislatore subito dopo aver definito i contorni del diritto di proprietà ha intenzionalmente stabilito restrizioni all’esercizio di tale diritto. Questo accade quando il proprietario intende utilizzarlo per arrecare danni o disagi a terzi, mascherando tale intento dietro una facciata di legittimità nell’esercizio della proprietà stessa.

Scopo dell’articolo è fornire una chiara definizione del concetto di atti emulativi, accompagnata da esempi esplicativi che contribuiscano a comprendere appieno la tematica di cui si sta trattando.

Atti emulativi

Definizione di atti emulativi

Gli atti emulativi costituiscono azioni compiute dal proprietario di un bene con l’obiettivo specifico di infliggere danni o arrecare disagi ad altre persone. Tali comportamenti sono chiaramente vietati dall’articolo 833 c.c., il quale traccia i confini dell’uso legittimo della proprietà.

Il divieto di atti emulativi diviene operativo solamente quando questi non sono motivati da un interesse valido in grado di giustificare i danni o le molestie arrecate. Se le azioni del proprietario non comportano benefici personali ma recano solo pregiudizio a terzi, tali azioni vengono considerate antieconomiche e censurabili. In altri termini, il divieto si basa sulla premessa che tali azioni manchino di una giustificazione adeguata e superino i confini accettabili del diritto di proprietà.

Atti emulativi: condizioni

Come abbiamo visto gli atti emulativi sorgono dall’intento del proprietario di un bene di arrecare danni o disagi ad altri individui. Affinché si possa parlare di atti emulativi devono convergere due aspetti che sarà compito del giudice accertare:

  • Elemento Oggettivo: ovvero l’assenza di utilità per il proprietario nell’esecuzione degli atti emulativi. In altre parole, l’azione deve essere priva di vantaggio reale per il soggetto che la compie, mettendo in evidenza il fine “malizioso” dell’atto emulativo. È importante notare che il comportamento deve essere attivo e non omissivo, quindi si richiede un’azione concreta con il fine di arrecare un pregiudizio.
  • Elemento Soggettivo: ossia l’intenzione dell’agente di causare danni o disagi ai terzi (cd. animus nocendi).

In presenza di entrambi gli elementi, l’individuo verso cui è rivolta l’attività dannosa/molesta ha la possibilità di chiedere l’immediata cessazione della stessa, in uno alla condanna ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c. (laddove la condotta non cessi) e al risarcimento del danno – se debitamente provato.

Atti emulativi: esempi

In conclusione, è rilevante esaminare alcuni casi concreti che permettono di dare un’applicazione pratica al concetto di atti emulativi, permettendo, in particolar modo, di comprendere appieno cosa si intenda per animus nocendi – elemento costitutivo della fattispecie di cui difficilmente si riesce a fornire prova.  

Di seguito elenchiamo alcuni esempi da cui emerge come l’applicazione maggiore della norma si abbia nei contesti di liti tra vicini – tema già approfondito in un altro articolo presente nel blog

  • Lo stendere il bucato o i tappeti in modo intenzionale per oscurare le finestre dell’appartamento sottostante, nonostante alternative praticabili.
  • L’innaffiare erbacce in giardino con l’intento di bagnare deliberatamente la proprietà o il vicino, senza alcuna finalità pratica, ma solo per disturbare.
  • Guidare in cerchio ripetutamente davanti all’abitazione del vicino, causando schizzi di ghiaia sul patio.
  • Effettuare foto e riprese dirette verso la proprietà altrui, senza una giustificazione ragionevole.

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